Perché Van Gogh decise di tagliarsi l'orecchio

04.01.2022
Autoritratto con orecchio bendato - Vincent Van Gogh
Autoritratto con orecchio bendato - Vincent Van Gogh

     Uno dei maggiori rappresentanti della cultura pittorica olandese e il simbolo di una nazione che ci ha lasciato una eredità senza eguali è Vincent Van Gogh, l'artista ribelle e solitario, figlio di un pastore protestante povero, che tutti conosciamo per i colori caldi e luminosi, per quelle pennellate straordinarie e per i suoi girasoli, per la notte stellata e per i mangiatori di patate nonché per quella famosa stanza dove il letto giallo assume un ruolo da protagonista. Van Gogh è rinomato non solo per la marcatura cromatica e il grafismo disegnativo, ma anche per gli autoritratti dove i colori puri e violenti tratteggiano il volto di un uomo di altri tempi, fuori dagli schemi, inquieto e sensibile alla realtà che lo circonda. Van Gogh è l'espressione malinconica di quell'artista che è alla ricerca di risposte dentro la sua anima angosciata e marcata dal dolore mentale, quello spazio di disagio psichico dal quale emergono i suoi capolavori che tutti conosciamo senza tralasciare i novecento quadri e mille disegni oltre agli schizzi e disegni prepatori rimasti incompiuti.

     La situazione familiare di Vincent non era delle più semplici e oltre alla sorella che trascorre quarant'anni in manicomio e il fratello Cor che muore suicida, l'unico a sostenere economicamente l'artista è Theo, il fratello che ad un certo punto decide di sposarsi e di dedicare il suo tempo alla propria vita, situazione che crea forte disagio nel cuore e nella mente del pittore. I suoi disturbi psicologici iniziano a divenire ancora più evidenti quando Van Gogh decide il 23 dicembre 1888 di tagliarsi l'orecchio, arrotolandolo in un foglio di giornale e recapitandolo in dono ad una prostituta. Secondo alcuni studi dell'UMCG di Groningen, il pittore soffriva di disturbo bipolare e personalità borderline aggravata dall'utilizzo di sostanze stupefacenti e alcool che portarono Vincent in primis ad amputarsi l'orecchio destro durante un momento di crollo e successivamente a togliersi la vita a soli 37 anni. Le teorie sul tragico gesto dell'amputazione autoinflitta sono varie, ma le più accreditate sono due e sembrano essere le uniche sino ad oggi riscontrate negli scritti e nelle opere che ci ha lasciato lo stesso artista. L'epistolario con il fratello ci ha permesso di riscontruire la fragilità di Vang Gogh, il legame molto forte tra i due, le sue idee sulla ricerca pittorica, le critiche sulle opere prodotte e soprattutto il suo tormento interiore.

     Durante la permanenza ad Arles, Van Gogh è solo e la sua autonomia economica è molto precaria. L'arte che lo accompagnerà sino agli ultimi istanti della sua esistenza è l'unica salvezza in una realtà che non lo accoglie e non trova spazio per la sua creatività, ma lo emargina e non comprende il potenziale di un uomo che ha molto da dire con le sue pennellate ricche di simboli e significati. Poco prima della fine dell'anno 1888, Van Gogh ospita nel suo studio l'amico Paul Gauguin e per alcuni mesi le loro tecniche si intrecciano e vivono in simbiosi, si studiano e si discotano fino al momento di un tragico litigio che porta i due a separarsi e lo stesso Van Gogh a commettere il gesto estremo di autolesionismo. Altri invece affermano che l'unica motivazione che spinse il pittore all'atto di menomazione fisica fu il matrimonio dell'unico fratello che si prendeva cura di lui e credeva nella sua arte. Venendo meno il suo tempo prezioso per Vincent e per la sua arte, chi altro avrebbe sostenuto economicamente il povero uomo dimenticato dalla società? Chi avrebbe criticato le opere che produceva senza riposo e tregua? Il suo gesto rimane ancora un mistero sul quale l'artista ha lasciato delle piccole tracce affinché i posteri possano parlare di lui e della sua grandezza poiché nella follia totale emerge la verità e solo chi tocca con mano l'inferno può lasciarci delle tracce di paradiso.

Imelda Zeqiri